La crisi che non mette in crisi

di Vittoria Stilo


Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi” è la famosa frase di Tancredi Falconeri allo zio Don Fabrizio, protagonisti de “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
Fuori, nel mondo, può esserci la più grande rivoluzione sociale, ma se il cambiamento non avviene dentro la persona, è come se non fosse accaduto nulla. E’ tutto inutile. Il sistema continuerà a funzionare sempre allo stesso modo.
Forse cambierà il nome o il colore di chi sarà al Governo, o lo slogan pubblicitario utilizzato per salire al potere. Ma poi? Cosa ci sarà davvero di diverso?
Quando la crisi è avvertita come qualcosa che avviene fuori, nel mondo, nella società, non è detto che tocchi davvero l’uomo. E’ a questo che si riferisce il principe Tancredi: la rivoluzione esterna è un gesto eclatante, un rumore forte che può fare paura, ma non è di quello che c’è bisogno per cambiare davvero. L’individuo può trasformarsi solo se mette se stesso in discussione, anche in relazione a quanto accade fuori di sé. Vivere un momento di crisi sociale additando la colpa a chi ci governa o a chi ha causato il problema, non consente un’elaborazione e quindi una crescita personale. Si aspetta che sia qualcun altro a risolvere la questione e intanto si va avanti con la propria quotidianità. Il problema è vissuto come distante, troppo grande anche solo per essere guardato. “Mal comune mezzo gaudio”, potrebbe pensare qualcuno. Non è qualcosa che riguarda solo il singolo individuo, ma la collettività. Tutti sono dentro la stessa crisi.
Ma se si vuole guardare la situazione da un punto di vista personale e cogliere quanto e come quella criticità risuona all’interno, quali emozioni va a toccare e quali temi irrisolti porta a galla, lì tutto può cambiare perché l’uomo può scegliere di andare dentro di sé e trasformare la paura che prova in risorsa. E’ dall’angoscia che nasce la creatività; dalla buia notte insonne sorge l’idea che illuminerà il nuovo giorno.
La crisi è un momento difficile, una sorta di passaggio da una fase all’altra della vita dove bisogna lasciare qualcosa di sé che non serve più o che non si può avere e andare incontro ad un nuovo che si ignora. E nel corso dell’esistenza momenti di questo tipo se ne possono vivere diversi. Si pensi a quanto potrebbero incidere sulla vita individuale eventi cruciali quali un lutto, una separazione da una persona importante, un grave incidente, una malattia. Oppure una pandemia, magari con il conseguente lockdown vissuto la scorsa primavera. Sicuramente giorni difficili per tutti e per molti anche dolorosi. Ma è solo permettendosi di oltrepassare la crisi per superarla che non si è bloccati e superati da essi. E’ solo così che si può andare avanti, magari diventando persone migliori. Jung direbbe: “E’ attraversando la propria Ombra che si può incontrare veramente se stessi”, lì dove il concetto di Ombra sta ad indicare la parte inconscia di sé, quella che spaventa  proprio perché sconosciuta. Ascoltando e affrontando le proprie fragilità si può accedere anche a quelle risorse che porteranno a trovare la propria vera strada. 
Anche Albert Einstein non era estraneo a questo tipo di pensiero, come dice in un suo scritto del 1955:  “La crisi può essere una vera benedizione per ogni persona e per ogni nazione, perché è proprio la crisi a portare progresso.” Se la crisi che si vive fuori non porta ad una crisi interiore, allora, come diceva Tancredi, niente può cambiare. Tutto rimarrà uguale. E’ una crisi che non mette in crisi.

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