Educare alla gentilezza

di Lilli Susca

Che cos’è la gentilezza? Al di là delle definizioni delle enciclopedie Treccani o Zingarelli, che utilizzano parole come “nobiltà”, “garbo”, “cortesia”, che cosa rappresenta oggi la gentilezza? Che ruolo ha? Quale valore intrinseco? È possibile educare alla gentilezza? È giusto farlo? Questo articolo si pone l’obiettivo di ragionare intorno a questi quesiti e di stimolare il lettore a fare altrettanto. Niente giudizi netti e inappellabili, solo ipotesi.
Identikit della persona gentile: essere umano rispettoso delle regole del vivere civile che in più dona, anche se non sono stati richiesti e senza aspettarsi nulla in cambio, un gesto, una parola, un sorriso a chiunque incontri sulla propria via. Poche persone possono oggettivamente essere gentili sempre e a prescindere, ma di certo alcune hanno un’indole gentile e altre no. Per maggiore chiarezza, chi possiede quest’ultima non solo si ferma prima delle strisce per far passare il pedone, sapendo che la Legge lo impone, ma rallenta prima, evitando di frenare bruscamente e a ridosso del malcapitato – il quale cerca di intercettare lo sguardo del guidatore per capire se ci si può fidare – e non lancia sproloqui contro colui, colei o coloro che avrebbero semplicemente la responsabilità di essersi trovati su quella strada e in quel preciso momento. Al contrario, la persona gentile sorride, ricambiando volentieri lo sguardo del passante, rispondendo così ai timori di quest’ultimo con un sottinteso “Vai tranquillo, non ti asfalto, vai pure”. E al sollievo plateale del passante, rivelato dal rilassamento delle spalle e dal sospiro liberatorio, corrisponde talvolta la lacrimuccia di commozione del guidatore. Perché costui sa in cuor suo che ciò che ha fatto non è cosa da poco, non è scontato, non è naturale per gli esseri umani “duepuntozero”, ma un gesto gentile, cioè una vera rarità. La gentilezza, quell’attitudine dell’essere umano che coniuga nobiltà d’animo, cortesia, altruismo disinteressato ed eleganza, quello che, tradotto in un gesto o in un sorriso al momento giusto, può svoltarti la giornata o addirittura cambiarti la vita – o perlomeno la percezione di essa -, è una vera perla preziosa oggigiorno. Perché? Perché, detto brutalmente, non va di moda. Perché un ragazzo gentile potrebbe facilmente essere etichettato come un debole, una ragazza gentile come una sfigata, un bambino gentile come uno scemo, una donna gentile come nostalgica buonista radical chic. Al contrario, ciò che va di moda oggi è essere cafoni, egoisti, cattivi e senza scrupoli.
Più ti avvicini a questo modello, più sarai apprezzato e integrato. Si tratta di un esempio che un tempo era tipico dei gruppi di adolescenti provenienti da ambienti sociali deprivati, mentre oggi sembra essere diventato un modello globalmente accettato. Inutile fare esempi, basta aprire Facebook.
Quindi la gentilezza pare non essere un valore per un gran numero di persone. Ma non per tutti è così. Sono anni che la gentilezza combatte la sua battaglia per riemergere e per catturare le menti e i cuori degli uomini. Esistono associazioni nazionali e internazionali a favore della gentilezza, che la promuovono, la spingono fuori dal tunnel in cui pare essere finita. Associazioni che hanno lo scopo di rieducare il mondo alla gentilezza. Ma come si fa a educare alla gentilezza? È possibile farlo? Si può ipotizzare un ordine di scuola in cui venga introdotto lo studio della Gentilezza, insieme alla Geografia e alla Matematica? Ovviamente no. L’educazione civica sarà reintrodotta nei programmi scolastici, ma non è la stessa cosa. La gentilezza non può essere spiegata in paragrafi giustificati o in teoremi e regole matematiche. Non è possibile spiegare a un bambino come compiere un gesto gentile. A meno che non glielo si mostri con l’esempio: questo è l’unico modo! Se l’adulto non ha un animo gentile, difficilmente i suoi figli avranno questa caratteristica. Quindi il problema è fra gli adulti, non solo i genitori, ma tutte le figure di riferimento. È lì che bisogna operare una profonda conversione. Come? Attraverso una campagna di sensibilizzazione condotta da chi crede nel potere della gentilezza ed è orgoglioso di appartenere alla schiera dei gentili. Bisogna battere i musi lunghi con i sorrisi, gli spintoni con le pacche sulle spalle, la furbizia con l’intelligenza. Beethoven diceva “Io non conosco nessun altro segno di superiorità nell’uomo che quello di essere gentile”. Bisogna che tutti lo sappiano. Bisogna invitare la gente a praticare “gentilezza a casaccio e atti di bellezza privi di senso1.


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