Il luogo e la formula

di Barbara Gubinelli

La più delicata delle transizioni: così Victor Hugo definisce l’adolescenza. L’artista, in fondo, come già riconosciuto da Freud, anticipa lo psicoanalista. È un poeta, Arthur Rimbaud, ad esprimere con grande efficacia la questione nella quale l’adolescente è coinvolto: “Io ansioso di trovare il luogo e la formula”1.
Il luogo. “L’adolescente è un migrante, migra dal bambino all’adulto”2. Questa traversata implica che il soggetto si separi dalle figure simboliche parentali, dalla “costellazione originaria che ha presieduto alla nascita del soggetto”3,per accedere a quella che Jean-Jacques Rousseau chiama “la seconda nascita”. La propria posizione rispetto alle figure genitoriali necessita di ri-situarsi; in particolare, si tratta di ricentrare la domanda su ciò che l’Altro vuole da lui e, al tempo stesso, su ciò che lui vuole dall’Altro4. Mentre durante l’infanzia il soggetto si domanda cosa fare per rispondere al desiderio dell’Altro, nell’adolescenza l’interrogazione cambia, nella misura in cui il soggetto si scopre desiderante5. Nel corso dell’adolescenza, infatti, la possibilità di aprire una via d’accesso al proprio desiderio passa attraverso la ricostruzione e la risignificazione della propria infanzia, per arrivare a estrarsi da essa, a separarsene.
L’altro versante di questo attraversamento riguarda l’immagine del corpo che si modifica. In questa fase di mutazione, come la definisce Francoise Dolto, “c’è qualcosa che non quadra, ma non si sa bene né come, né perché”6. Il soggetto è alle prese con qualcosa che emerge, che non ha nome e che arriva a modificare l’immagine: irrompe nel corpo un godimento pulsionale sconosciuto. Dunque, potremmo assimilare lo sforzo dell’adolescente all’impresa di tradurre questo qualcosa che emerge e che si riflette inevitabilmente in una crisi della lingua articolata.
La formula: l’impresa propria dell’adolescenza consiste, quindi, nel trovare una lingua nuova per un nuovo corpo. “L’adolescente subisce una trasformazione di cui non può dire nulla”7: la sua lingua è in sofferenza di fronte a un godimento che invade il corpo e che lo lascia fuori da ogni possibile discorso. Le parole giuste per nominare ciò che si trasforma, per spiegare quanto accade, appaiono più o meno caduche. Il soggetto si trova smarrito di fronte all’innominabile e rimprovera l’Altro di non poter dire ciò che per lui stesso non è enunciabile8. “Ci si fa strada con le parole e ci si ritrova in trappola”9.
Tale impresa di traduzione coinvolge anche un altro aspetto: per l’essere umano non esiste un sapere già costituito sul che cosa sia il rapporto tra un uomo e una donna. Gli animali possiedono l’istinto, che rappresenta un sapere nel reale, il quale permette loro di conoscere come fare rispetto all’altro sesso; ciò fa sì che non ci sia alcun problema relativamente al rapporto sessuale. Non è lo stesso per l’essere umano: non c’è “rapporto” nel senso matematico del termine.
L’adolescenza, quindi, può essere considerata come la serie di risposte sintomatiche possibili, forme di arrangiamento particolari con le quali il soggetto organizza la propria esistenza, il suo rapporto con il mondo e con il godimento […]10.
In quest’opera di traduzione singolare e unica, l’adolescente richiede il riconoscimento della sua particolarità soggettiva, della propria posizione d’eccezione11. Occorre che possa trovare un punto d’ancoraggio a partire dal quale vedersi amabile, qualcuno che sappia dire di sì all’elemento di novità e di invenzione che ciascuno porta in sé, cosicché il ragazzo possa “perseguire la sua impresa di traduzione secondo la propria via”12, senza perdersi.

Bibliografia:

1PHILIPPE LACADEE (2008), La crisi dell’adolescenza? Risveglio ed esilio della più delicata delle transizioni, in La Psicoanalisi n° 45, p. 169.

2LAURA PIGOZZI (2019), Adolescenza zero, Hikikomori, cutters, ADHD e la crescita negata, Ed. cronache nottetempo, p.15.

3JACQUES LACAN (1953), Il mito individuale del nevrotico, in Il mito individuale del nevrotico e altri saggi, Astrolabio Ubaldini, p. 17.

4GRAZIANO SENZOLO (2009), Ritrovare il futuro. Per una clinica psicoanalitica dell’adolescenza, Franco Angeli, p. 187.

5ANTONIO DICIACCIA (1997), La crisi dell’adolescenza, in Adolescenza e psicoanalisi, Ed. Marca d’Autore, p. 27.

6 FRANCOISE DOLTO (1991), I problemi degli adolescenti, Ed. Longanesi.

7FRANCOISE DOLTO (1995), Adolescenza, esperienze e proposte per un nuovo dialogo con i giovani tra i 10 e i 16 anni, Milano, Mondadori.

8PHILIPPE LACADEE (2009), La crisi dell’adolescenza? Risveglio ed esilio della più delicata delle transizioni, in La Psicoanalisi n° 45, p. 169.

9 FRANCOISE DOLTO (1991), I problemi degli adolescenti, Milano, Longanesi.

10ALEXANDRE STEVENS, (1998), L’adolescence, symptôme de la puberté, in Feuillets psychanalytiques du Courtil, 03, p. 82.

11 YVES NOUGUE’ (1998) , Celui qui grandit. Quelques réflexions sur l’adolescence, in Lettre Mensuelle, 01, n°165. – pp.5-7.

12PHILIPPE LACADEE (2007), L’evil et l’exil, Paris, ed Cècile Defaut.

2 commenti

  1. Linda Bolognesi

    Sicuramente uno dei passaggi più complessi e cruciali della nostra esistenza. Significativa la definizione di Rousseau “la seconda nascita”. Articolo molto interessante.

  2. Francesca Bertini

    Grazie Barbara per questo contributo. Mi ricorda una frase di Yevgenu Vinokurov ” non c’è dolore più insopportabile dello sforzo di essere se stessi”. L’adolescenza credo rappresenti un distacco dalle proprie certezze e un tuffarsi in un abisso. Significa una perdita che è inestricabilmente legata alla nostra crescita. Cominciare a rendersi conto di come le risposte alla perdita abbiano forgiato la nostra vita, può essere l’inizio della saggezza e di un cambiamento ricco di promesse.

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