Transizione ed “Età Assiale”

di Sandra Marcellini

Con il termine “transizione” si intende la fase di passaggio da una condizione all’altra. Ogni singolo istante contiene il potenziale del divenire: nella transizione è quindi implicito il processo di trasformazione.
Considerazioni interessanti arrivano dalla filosofia e riguardano la complessità delle società, le quali attraversano o hanno attraversato fasi di radicale mutamento in ogni ambito. Il pensiero filosofico cerca di comprendere le transizioni, osservando la modalità con cui si sviluppano.
Tra gli interrogativi di Heidegger trova spazio la questione della storicità. Aspetti quali l’arte e il linguaggio emergono dal pensiero di Camus, Gramsci, Pasolini, Wittgenstein per cogliere i mutamenti. Nelle interrogazioni sulle rotture e continuità, l’attuale epoca viene spesso definita con il prefisso “post”, per indicare il nuovo: post-moderno, post-industriale, e così via. Prevale la coscienza di un’epoca giunta al suo epilogo e del passaggio a una nuova situazione che non si sa descrivere positivamente, in quanto il cambiamento non viene percepito in virtù di quel che si annuncia come nuovo, ma in funzione di ciò che ci si lascia dietro.
La storia che appare scorrere con velocità crescente sembra ruotare, però, intorno al medesimo asse. Per la prima volta, nel 1949 Karl Jaspers parla di “un’Età Assiale”, ovvero un riferimento stabile intorno al quale le epoche successive si sono succedute e mosse. Per Età Assiale si intende un arco di tempo che va dall’800 al 200 a.C., in cui sono sorte tradizioni religiose e filosofiche, in Cina con Confucio, in India con Buddha, in Iran con Zaratustra, nel contesto ebraico con Geremia, Isaia ed Elia, per non parlare dei filosofi nella cultura classica greca. Da qualche decennio la discussione si incentra sugli aspetti più rilevanti che caratterizzano l’Età Assiale.
Alcuni studiosi considerano questo periodo come una svolta radicale per l’autocomprensione delle religioni; inoltre, per la prima volta il sacro viene connesso all’idea di salvezza. La regalità sacrale, com’era nell’Antico Egitto, decade. Si passa dalle religioni mitiche a quelle di salvezza. Altri evidenziano come aspetto importante di cambiamento la connessione tra divino e verità, dove la dimensione del sacro è anche quella più vera. Scomparsa l’immagine del Dio-Re, emergono figure intermediarie riconosciute, capaci di cogliere l’essenza del trascendente e portarla agli altri uomini.
Il sociologo tedesco Hans Joas, con altri studiosi al seguito, evidenzia invece come aspetto predominante in questo arco temporale un mutamento logico e filosofico prima ancora che religioso e culturale, individuando la svolta di un pensiero che si fa ri-flessivo. In questo senso, l’assialità indica il fondamento della razionalità umana, intesa come capacità di ritornare sul dato dell’esperienza e come facoltà di avvalorare principi e contenuti.
Secondo Joas, è il tratto di assialità in cui siamo ancora immersi. Le civiltà post-assiali animate dalla spinta alla riflessività sono in grado di conciliare la frammentarietà con la continuità logica che le sorregge. Processi di secolarizzazione e de-secolarizzazione hanno scandito l’evoluzione della civiltà occidentale e si possono ricomporre dentro un orizzonte riflessivo, sebbene non ancora esteso completamente.

Bibliografia:

Karl Jaspers (2014), Origine e senso della storia, Milano, Edizioni Mimesis.

Vincenzo Rosito, “Ma la storia è davvero ad una svolta epocale?”, https://www.avvenire.it/agora/pagine/la-storia-e-davvero-a-una-svolta-epocale, 6 novembre 2016.

Jan Assmann (2016), Disagio dei monoteismi, Brescia, Edizioni Morcelliana.

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