FIDUCIARE, LIBERARE L’ESTRO

di Sara Marcellini e Giuliano Inesi

Ostacolo insormontabile o piacevole rischio.
Rampa di lancio frutto di una florida base sicura o unica possibilità per salvarsi dall’assenza di cure.
Ci sono un uomo, un progetto, una costruzione, un paesaggio con il cuore fuori dal petto, esposto agli elementi.
La fiducia modellerà le loro possibilità.  Sarà il comburente del sano narcisismo individuale, fondamenta dell’abitare, seme dello spazio potenziale creativo (Winnicott, 1965).
La fiducia è trasmessa e tramandata, consolidata soprattutto dalle relazioni.
Il committente si lascia cadere di schiena tra le braccia che progetteranno spazi e oggetti capaci di accogliere i suoi più intimi bisogni e debolezze.
Gli darà una forma,  un peso, una durezza, un volume e una luce. Andō con il cemento, Sottsass con il laminato plastico, Castiglioni con il marmo e l’acciaio e Charles e Ray Eames con la plastica.
Saranno invece le braccia dei genitori a dover sostenere il neonato e tutta la sua vulnerabilità. Dovranno proteggerlo, mentre immagina  di poter controllare e soddisfare i suoi desideri in modo onnipotente.  Così il bambino potrà strutturare la fiducia in sé e nel mondo esterno.
Non vi è fiducia quando non si afferra la piega che chi disegna o progetta dà alla linea. L’invadenza sarà deleteria e inquinerà l’estro. Sarà la lente abusiva che distorcerà la visione creativa del designer. Chi ha in mano la matita potrà sopprimere il colore che l’esperienza ha conferito al suo tratto (chinando il capo) o rimanere impermeabile alle piogge acide (questo è il piacevole rischio).
Lo stesso avviene quando si coartano i bisogni reali dell’individuo. Nonostante la gravità delle possibili conseguenze, può accadere che un genitore non lasci infuturare il proprio figlio o, peggio, non voglia spingerlo verso la massima espressione della sua naturale inclinazione. A questo punto, il figlio è davanti ad un bivio: piegarsi a chi finora ha scelto per lui o lasciarsi alle spalle la casa in fiamme per far emergere il suo vero sé (Winnicott, 1965).
La vera fiducia è quella che spinge a correre sulle proprie gambe ma bisogna tenere a mente che anche senza di essa si può arrivare lontano.

BIBLIOGRAFIA

Winnicott D. (1965) Sviluppo affettivo e ambiente, Armando editore, Roma.

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